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Sabato, 16 Marzo 2024 09:07

Vogliamo vedere Gesù!

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Durante le ore pomeridiane di questa quinta domenica di Quaresima, nella Basilica papale di San Pietro in Vaticano a Roma, si rinnoverà una antica tradizione. Da una delle logge che sovrasta l’altare della Confessione -luogo dove ha professato la fede l’apostolo Pietro con il sangue - sarà mostrato ai fedeli un prezioso lino che conserva i tratti del volto di Gesù. Quel lino la tradizione vuole sia stato posto sul volto del Signore da una donna mentre subiva la sua passione: Veronica per la tradizione latina, Berenice per quella greca. Questo gesto dell’ostensione del volto, ha attirato per secoli i pellegrini nella città di Roma. Lo stesso Dante richiama tale tradizione nel canto del Paradiso e di certo egli fu tra i cercatori di quel volto che sazia la fame di verità: “Qual è colui che forse di Croazia viene a veder la Veronica nostra, che per l'antica fame non sen sazia, ma dice nel pensier, fin che si mostra: Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace, or fu sì fatta la sembianza vostra?”. (Paradiso, Canto XXXI).  Nello stupore di questi versi, sembra risuonare il desiderio manifestato dai greci nella pagina del Vangelo: “Vogliamo vedere Gesù”. La richiesta ci dice l’evangelista, è fatta da stranieri giunti a Gerusalemme per la festa di Pasqua, l’ultima e definitiva che condurrà il maestro di Nazareth sulla croce. A fare da mediatori sono proprio due apostoli che portano nomi greci, Filippo e Andrea, i quali riferiscono al Signore il desiderio di questi stranieri pellegrini. Nella loro richiesta: “vogliamo vedere Gesù”, è racchiuso l’anelito di tutta l’umanità che è mossa dal profondo desiderio di posare lo sguardo su Colui che può donare la salvezza. Al desiderio del volto, Gesù risponde con le immagini di una parabola che dice di lui, ma anche dei cercatori della vita, non quella che passa, ma quella che rimane: la vita di Dio. Mentre l’uomo contemporaneo vuole impadronirsi del tempo, assoggettandolo alle assurde pretese dell’egoismo, riduce il segreto dell’eternità, alla banalità delle cose che passano. L’ora è giunta afferma Gesù, e questa è l’ora di Dio, il tempo nel quale la gloria si manifesta nell’assurdità della croce. Al volto svelato allude l’immagine del seme, nudo, caduto in terra che muore. Minuscolo frammento che freme di vita, che anela alla terra, perché possa rigenerarsi. La piccolezza inerme del seme che nasconde e rivela la vita, è icona del corpo di Cristo che sta per essere seminato nel solco della morte. Gesù invita a guardare non tanto al sacrificio del seme, che si perde tra le zolle della terra, quanto al frutto abbondante che esso produce dopo la caduta. In queste immagini paradossali, c’è tutto il mistero pasquale, c’è la pienezza di quell’ora per la quale il Signore sale a Gerusalemme e noi con lui.

Davide Carbonaro

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