La speranza che scaturisce dal “vangelo delle catastrofi”, arriva a ondate e lava la nostra intelligenza dalla possibilità che Dio abbia disegnato tutto per la fine. Invece il tempo, la storia le cose che sembrano passare, vanno verso il fine per cui sono state create: l’amore. Solo l’amore crea e ricrea, dentro la fragilità del cosmo che farà sorgere i raggi benefici del giusto. Sono ancora oggi ammirabili quelle pietre che adornavano il tempio di Gerusalemme, edificato e non portato a compimento da Erode. Gesù lo vide ancora in costruzione e la sua sorte definitiva fu tra le truppe di Tito che lo rasero al suolo. Doveva sembrare la fine di tutto la sua distruzione: identità, storia, culto, appartenenza. Ma Dio fa germogliare la speranza dalle macerie. Dovette sembrare la fine di tutto quella sera di venerdì vigilia solenne della Pasqua, mentre deponevano Gesù nel sepolcro e i discepoli tornavano sui loro passi delusi. Ma la risposta a quella morte violenta ed ingrata fu la resurrezione. Sembra di rendere culto a Dio sia ieri, che oggi, quando i discepoli di Gesù vengono messi a morte, ma il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. La speranza innestata dal Vangelo, non potrà essere fermata: né dai mutamenti della natura, né dalla rozza arroganza della guerra, né dalla sorda ostinazione dei fanatici. Non temete, non abbiate paura, non lasciatevi ingannare. La parola di Dio lo ripete come un ritornello che ritma la storia. Perseverare significa porre la fiducia nelle mani di un altro. Le parole ultime che Gesù consegna a Gerusalemme non sono presagio di accadimenti prossimi, non indicano solo sconvolgimenti storici, ma esistenziali. La piccola comunità dei discepoli che lo ha seguito fino a Gerusalemme, attraverserà insieme con lui la “grande tribolazione” vissuta dalla prima generazione nel rifiuto messianico del Maestro di Nazareth e nella sua tremenda passione. Le generazioni successive fino alla nostra, non saranno esenti dalla passione del Verbo nelle sue membra: la Chiesa. Ma in questo atto ultimo e primo della storia, il tempo dell’attesa, gravido di vita e di speranza ci accompagna per mano, invitandoci a risollevare il nostro capo guardando alla statura di Cristo, alla misura del suo amore. E’ lui che sigilla la nostra speranza apre il nostro futuro. Il suo nome è “compimento”. Niente è lasciato sospeso nella creazione che grida: vieni! Vieni a riempire di senso la storia, a dare risposte sicure alle fragili attese.
Davide Carbonaro