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Mercoledì, 05 Aprile 2017 20:15

Otto secoli fa Onorio III dedicava la Chiesa di Campitelli

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dedicazioneE’ proprio del cuore umano dedicare uno spazio ed una abitazione al mistero. E mentre sono le mani degli uomini a disegnare ed edificare i perimetri dell’incontro con il divino, la Parola di Dio e la Liturgia ci ricordano che è Dio stesso, l’inaccessibile, che viene ad abitare tra gli uomini ed è sempre lui che porta a compimento l’opera iniziata. In tale prospettiva, non ricordiamo un antico monumento più volte edificato, ma la festa del popolo di Dio intorno ad uno spazio che perpetua nel tempo la memoria della salvezza. Così il racconto di quanto accaduto in questi otto secoli da quando Papa Onorio III il 5 aprile 1217 dedicò la chiesa di Campitelli, suscita il rendimento di grazie per la continua novità che in Cristo Gesù la Chiesa sperimenta.

Fondazione e Dedicazione
Il ricordo dell’antica chiesa di Santa Maria in Campitelli a Roma, è legata alla toponomastica ed alla storia del rione omonimo di Campitelli, poi dal 1900 a quello di Sant’Angelo, corrispondente alla IX e X regione augustea tra il Teatro di Marcello ed il Portico di Ottavia. Fin dal II secolo a.C. questo territorio fu segnato dalla presenza di templi e portici di grande rilievo le cui tracce sono ancora oggi visibili. Studi topografici attestano la primitiva chiesa di Campitelli sui resti del tempio di Giove Statore edificato dall’architetto greco Hermodoros di Salamina. L’Huelsen (1927) insieme ad altri studiosi riferisce che la chiesa fu edificata nella contrada “de Campitiello” nel XI secolo. Essa è menzionata per la prima volta nel Liber censuum di Cencio Savelli Camerario, compilato nel 1192 sotto il pontificato di Lucio III (1100-1185). Dalla fonte risulta che i presbiteri della Chiesa di Campitelli partecipavano alla “festa degli archi e dei turiboli” durante le festività pasquali. Il pontefice Onorio III (1150-1227) ne restaurò le vestigia e la consacrò il 5 aprile del 1217. Lo storico C. A. Erra (1695-1771) riporta una antica iscrizione testimoniata nella Visita Apostolica del 1564 che riferisce dell’evento:
IN NOMINE DNI AMEN ANNO DNI MCCXVII PONTIFICATUS DNI HONORII PAPE ANNO EIUS II DIE V MENSIS APRILIS INDICT. VI CONSECRATA EST ECCLESIA HEC AD EODEM SUMMO PONTIFICE ET UNIVERSALI PAPA PER EIUS SANCTAS MANUS RECONDITE SUNT IN HOC ALTARI BEATE MARIE VIRGINIS MULTE RELIQUIE SANCTORUM ET SANCTARUM

Le diverse ricostruzioni e l’unione alla Congregazione della Madre di Dio
All’incirca nel 1290 fu eretto sull’altare maggiore un tabernacolo gotico di marmo commissionato dalla nobile famiglia Capizzucchi, tra le più antiche del patriziato municipale romano ed eseguito dal Magister Deodatus secondo la diffusa tipologia cosmatesca. Altri elenchi di insigni luoghi di culto romano censiranno la Chiesa di Campitelli: il Catalogo di Torino (sec. XIV); quello di Nicola Signorili segretario del Senato Romano al tempo di Martino V (1417-1431); i Libri Anniversariorum (1461) ed il Catalogo del Panvinio (1492). Inoltre la Aedes S. Mariae in Campitello è attestata nelle piante del Bufalini (1551) e del Du Pérac (1577). Il primitivo tempio dedicato alla Natività della Madre di Dio, sorgeva in corrispondenza dell’angolo orientale del palazzo Lovatelli (già Serlupi) con la facciata rivolta verso la “Torre dei Merangoli”. Nel 1527 durante il Sacco di Roma la chiesa di Campitelli fu oggetto di un singolare sacrilegio. Furono estratte delle ostie dal tabernacolo e calpestate. In riparazione al gesto sacrilego per diversi secoli si pose attenzione al culto del Santissimo Sacramento e si sviluppò la tradizione delle Quarant’ore alla quale intervenivano i Pontefici. Papa Paolo V con una bolla del 15 gennaio 1618, unì la rettoria di Campitelli alla Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio fondati nel 1574 a Lucca da San Giovanni Leonardi (1541-1609). Il Leonardi ed i suoi primi compagni avevano già ricevuto dal Papa Clemente VIII nel 1601 l’antico tempio di Santa Maria in Portico sulle rive del Tevere. Appena i Chierici del Leonardi presero possesso della fatiscente chiesa ed abitazione di Campitelli la demolirono per edificarne una nuova con l’annesso convento e collegio di teologia. Fu il cardinale Vicario Garcia Mellini (1591-1629) che pose la prima pietra il 10 maggio 1619 e la nuova costruzione “per la povertà dei padri”, come afferma lo storico Erra, fu completata nel 1648. Conformi alle descrizioni delle fonti sono i disegni delle piante e sezioni conservati nel Codice Chigi della Biblioteca Vaticana. Il nuovo edificio ebbe vita breve. Dopo che la città di Roma scampò il pericolo della peste nel 1656, Papa Alessandro VII (1599-1667) volle che l’antica icona di Santa Maria in Portico, venerata nel luogo dove apparve nel VI secolo alla nobile Santa Galla e al Papa Giovanni I, fosse trasportata nella vicina chiesa di Campitelli e qui iniziare la fabbrica del nuovo tempio votivo dedicato a Colei che aveva liberato la Città di Roma dal terribile contagio. Nel 1658 il Senato di Roma e i Chierici del Leonardi presentarono alcune proposte al Pontefice che non soddisfatto della sistemazione e adattamento del precedente edificio, incaricò nel 1660 l’architetto Carlo Rainaldi di progettare ed eseguire una nuova fabbrica. Con documento autografo del 31 agosto 1661 Alessandro VII ordinò l’unione delle due case religiose dei Chierici della Madre di Dio: quella di Santa Maria in Portico e quella di Santa Maria in Campitelli. La traslazione dell’icona di Santa Maria in Portico e la sua sistemazione nell’abside della nuova chiesa, avvenne il 14 gennaio 1662. Inoltre, il Pontefice, decretò che: “La detta chiesa di Santa Maria in Campitelli, si denomini da indi in poi Santa Maria in Portico in Campitelli”.

L’immagine della Virgo lactans o Santa Maria in Campitello
Dell’antico edificio oggi rimangono pochissime tracce, tuttavia testimonianze significative. Una parte del muro perimetrale appartenuto alla casa natale della Beata Ludovica Albertoni (1474-1533) è inglobato nella prima cappella di sinistra (Cappella Altieri). L’affresco della Madonna che allatta il Bambino (sec. XVI) situato nella terza cappella di sinistra fatta edificare dal Cardinale Raimondo Capizzucchi nel 1685 e dedicata all’Apostolo Paolo. L’Erra riferisce che l’affresco mariano durante la demolizione dell’antica chiesa di Campitelli, fu lasciato intatto. Il popolo cominciò ad onorare l’immagine con lampade, ceri e tavolette votive. I padri “per impedire qualche sconcerto”, innalzarono una parete dinanzi all’effige. Ma il popolo eliminato il tramezzo continuò ed accrebbe la devozione verso la pia immagine mariana. Constatata la devozione popolare il Cardinale Raimondo Capizzucchi fece sistemare l’affresco nella cappella dove oggi si trova. E’ comprensibile lo “sconcerto” di cui riferisce l’Erra. Il Concilio di Trento con il decreto De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus definì la posizione della Chiesa riguardo alle iconografie devozionali. Tra gli scopi di questo decreto vi era il voler evitare immagini di natura sensuale o sconvenienti, che si riteneva potessero fuorviare il fedele e distoglierlo dalla preghiera. Fu demandato ai vescovi il compito di valutare le varie rappresentazioni e di decidere se queste dovessero essere ritoccate, oppure rimosse. Mentre l'iconografia della “Madonna del Latte” decadeva, per contro, la venerazione popolare delle antiche immagini continuò legata al desiderio di maternità. Un’altro affresco della Vergine lactans dipinto su muro e posto sulla facciata della primitiva chiesa di Campitelli, afferma il Ferraironi (1883-1963) era stato incoronato dal Capitolo Vaticano il 2 luglio 1651, tuttavia andò in frantumi quando si tentò di rimuoverlo per dar luogo alla costruzione della Chiesa attuale. Di essa oggi è conservata una copia su tela nel Convento di Campitelli. L’immagine della Virgo lactans orientò la spiritualità del Servo di Dio P. Cosimo Berlinsani (1619-1694) sacerdote professo dell’Ordine della Madre di Dio e parroco di Campitelli e della Serva di Dio Anna Moroni (1613-1675) che nel XVII secolo fondarono la Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù (2 luglio 1672). Uno degli scritti di P. Cosimo fu appunto “La nutrice spirituale di Gesù Bambino” un testo di teologia affettiva e di prassi devozionale nei confronti della divina infanzia che certamente ebbe impulso dalla contemplazione di questa immagine mariana.

“Multe reliquie Sanctorum et Sanctarum”
L’iscrizione che commemora la dedicazione di Santa Maria in Campitelli riferisce che il Pontefice Onorio III per eius sanctas manus collocò presso l’altare numerose reliquie di Santi e Sante. Lo storico Erra ne fornisce un elenco in tre classi: “La prima comprende quelle di Gesù Cristo, la seconda quelle di Maria Vergine, la terza quella dei Santi”. Questa divisione si ricava anche dagli elenchi delle Visite conservati nell’Archivio parrocchiale di Campitelli. Al tempo di Bonifacio VIII (1230-1303) queste reliquie furono sistemate in un “Tabernacolo” marmoreo posto nel ciborio cosmatesco di Deodato commissionato dalla famiglia Capizzucchi come testimonia una tavola descrittiva nel Vetera Monimenta di Giovanni Ciampini (1690). Ippolito Marracci il mariologo che con i suoi scritti pose fine nel XVII secolo alla controversia tra “macolatisti” ed “immacolatisti”, redige la sua prima opera descrivendo una singolare “reliquia mariana” che Papa Onorio III pose tra le altre nell’altare di Campitelli e cioè i “grani o piccoli globuli” con i quali seconda l’antica tradizione la Vergine Maria recitava la preghiera del Padre nostro: Pro Marianae coronae calculis (1642). Al di là dell’autenticità dell’oggetto, ciò che conta per il teologo Marracci è il Sensus fidei cioè la fede che il popolo di Dio lega a questa singolare “memoria mariana” ed inoltre l’opuscolo è un vero e proprio trattato sulla preghiera. L’inconsueta reliquia fu inserita nel prospetto della Stauroteca (reliquiario della croce) cesellato da Gregorius Aurifex (sec. XII) e contenente oltre ad un frammento della croce, la veste di Santa Maria e le reliquie degli apostoli Pietro e Paolo e di Santa Barbara. Ancora oggi la Chiesa di Campitelli conserva numerose reliquie testimoni di quella dedicazione compiuta ottocento anni orsono ed altre donate nel corso dei secoli. Tra le tante ricordiamo il braccio di San Marcelliano (III sec.) la cui Passio accomuna il martire a San Sebastiano. Il corpo di Marcelliano fu sepolto nel cimitero di Balbina ed il suo braccio fu traslato nella Chiesa di Campitelli. Anche il corpo di Santa Ciriaca (Domnica da cui l’omonima Basilica al Celio) è custodito a Campitelli tra le insigni reliquie. La Passio Polychronii accenna a Santa Ciriaca e a San Lorenzo. Gli Itinerari del sec. VII indicano la tomba di Ciriaca accanto a quella del diacono e martire in quel “Fondo Verano” che fu di suo possesso come afferma il Liber pontificalis. Secondo un'iscrizione conservata in San Martino ai Monti, il papa Sergio II (844-847) aveva trasportato il suo corpo in quella chiesa donde, più tardi, sarebbe stato ancora traslato in quella di Santa Maria in Campitelli. La collocazione dei resti dei testimoni della fede nell’altare dove il popolo si raduna con il Vescovo per celebrare l’Eucarestia, afferma Sant’Ambrogio: E’ il posto che essi occupano là dove il Cristo offre se stesso come ostia: sopra l’altare colui che si è offerto per tutti, sotto l’altare coloro che sono stati riscattati da lui con la sua passione”.
Davide Carbonaro
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