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Sabato, 23 Giugno 2018 10:38

Un nome rivolto al futuro

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bacLa solennità di San Giovanni Battista Profeta e Precursore del Signore, segna uno di quei passaggi dove la liturgia celebra nel Padre celeste l’origine dell’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni. Il Battista destinato a diminuire davanti al Cristo che cresce, trova nel processo cosmico del sole che, raggiunto il punto più alto nel solstizio estivo decresce, per poi iniziare ad aumentare il suo splendore a partire dal solstizio d’inverno. In questi due passaggi cosmici, la liturgia celebra le solennità della nascita del Battista e di Gesù. L’uno preparerà la strada al Veniente e lo indica come l’Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo; l’altro, il messia che riconosce nel cugino Giovanni fragile e asciutto profeta del deserto, il più grande fra i nati di donna. In questo intreccio liturgico e cosmico nel quale il cielo si rispecchia sulla terra, oggi la Chiesa canta le lodi di Giovanni, ne racconta la sua nascita e pregusta nella gioia il parto del Messia. I racconti lucani delle due natività vanno riletti in questo compiersi delle antiche promesse messianiche. Zaccaria muto e sordo rappresenta Israele che non ha ascoltato la Parola. Esce dal Tempio senza poter dare la benedizione al Popolo. La nascita del figlio con il nome Giovanni e non Zaccaria (Ricordo di Dio) come voleva il parentado, è il superamento del semplice ricordo di quanto Dio ha fatto nel passato con quanto Egli sta realizzando nel presente. In effetti, è Elisabetta a dare il nome al nascituro: Giovanni, che significa “Dio fa grazia”, Dio usa misericordia”. Un nome rivolto al presente e al futuro e soprattutto a colui che incarnerà con la sua vita la definitiva misericordia di Dio nei confronti della nostra umanità. Giovanni è solo la voce che prepara ed annunzia. Gesù sarà la Parola che salva e realizza la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Dal grembo sterile di Elisabetta Dio fa fiorire la vita mantenendo ciò che ha promesso. Giovanni nasce troppo tardi come profeta e troppo presto come discepolo anch’egli come il padre Zaccaria sarà attraversato dal dubbio: “sei tu quello che dobbiamo attendere?”.Tuttavia la sua voce sarà tuonante, la sua profezia sincera, il suo martirio coerente. Troppo tardi, troppo presto: il tempo giusto per lanciare ciò che non è profezia ma imminente e pressante urgenza per tutti noi: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strade del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” .


Davide Carbonaro
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