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Mercoledì, 20 Marzo 2019 08:56

Il bene possibile

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commento 24-03-19La domanda sull’assenza di Dio quando l’uomo è colpito dalla sventura, circola nel cuore come un assillo. A volte è occasione di una distanza, tanto da far diventare Dio il nemico numero uno dell’umanità. E la domanda che egli pose ad Adamo: “Dove sei?” all’inizio della Genesi, ha il suo rovescio nel grido dell’uomo smarrito di fronte al male: “Dove sei Dio?”. Anche Gesù è trascinato dalla pubblica opinione nei fatti di cronaca che sconvolgono la quotidianità del suo tempo, non lontani da quelli che dissestano il nostro. Uccisioni, crolli, morti sul lavoro. La rivelazione di Dio a Mosè tra le fiamme del roveto, mentre egli fugge dopo aver fatto giustizia con le sue mani, è emblematica. Sembra dire e dirci, nonostante tutto il male che è nel mondo, Io ci sono, sto dalla tua parte. Perché “guardo” e “ascolto” il grido dell’umano che mi appartiene. Il Dio dell’Esodo, è il Dio dell’Incarnazione. Ci sconcerta la risposta data da Gesù ai portatori delle tristi notizie: “Se non vi convertite…”. Se non cambiate mentalità circa la vostra relazione con Dio, se pensate che lui sia l’artefice del male, vi accadrà la stessa cosa. Fermate l’inesorabile catena di causa ed effetto, azione e reazione che è all’origine del vostro male e che, apparentemente, presiede la realtà. Tornate sui vostri passi! Allora Gesù ci conduce tra i meandri del mistero, raccontando la sorte del fico svogliato. E’ interessante come la rivelazione di Dio e della sua presenza tra gli uomini, è affidata a “germogli”. Il roveto che spunta dalla terra arida del Monte di Dio ed il fico che nella tradizione rabbinica è l’albero dell’attesa messianica. Quel giardino, che è la nostra umanità, il Dio di Gesù Cristo lo conosce a mena dito. Vi ha sperimentato pazienza e attesa, spini e rovi. Ma l’uomo uscito dalle sue mani è buono, molto buono, non più essere sradicato dal suo giardino, va custodito, coltivato, zappato concimato. Un frammento di pazienza, fa nuove le cose. La Quaresima dice al discepolo di Gesù di non avere fretta, né di giudicare le cose che accadono come la fine di tutto. Spesso le ferite dell’umano sono rivelatrice del volto e del nome di Dio, bruciano come il roveto, ma non consumano. “Ancora un anno…forse”. Eccolo, il nostro Dio, che si aggrappa al bene possibile di domani, più che alla non fecondità di oggi.


Davide Carbonaro
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