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Sabato, 01 Febbraio 2020 08:08

Sulla soglia

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Non brillano certo di luce propria i due personaggi che Luca pone tra le soglie d’ingresso del Tempio di Gerusalemme: Simeone ed Anna. Carichi di giorni e di memoria. Non dentro al Tempio ad offrire sacrifici o a raccogliere offerte, ma sulla soglia, appunto, per attendere il Veniente. “Mestiere” che il sacerdozio aveva lasciato alla profezia, ormai rara in Israele ed in possesso degli uomini e delle donne dello scarto. Lo dicevano gli stessi Rabbi, che la profezia si era rifugiata tra i piccoli e i folli. Inebriati dallo Spirito Santo, Simeone ed Anna vedono oltre. Scorgono nella giovane coppia che porta con sé il bambino e l’offerta dei poveri, il compimento delle promesse di Dio. Intanto, la macchina dei sacrifici va avanti, la burocrazia del sacro segue le sue strade di sempre. Ma Dio, nascosto nella carne di un bimbo, rivela un modo nuovo di lasciarsi incontrare. Sulla soglia. Lì, generalmente,  sostano i poveri e gli ultimi, i mendicanti del pane e del mistero.  Non saranno più i sacrifici a garantire una relazione esatta con il divino. Non sarà ciò che appartiene all’uomo il dono che placherà la divinità facendo scendere un fuoco dal cielo. Il fuoco sacro non si custodisce più nei templi umani, né può essere rubato dall’uomo. Ormai la luce brilla dal di dentro. La fragile tenda della carne umana, ospita Dio. Gesù, fin da bambino ha appreso il grido umano, sa cosa c’è nel cuore dell’uomo. Egli ha in comune con noi il sangue e la carne, della stirpe di Abramo si prende cura. Di Simeone non sappiamo nulla, sappiamo della sua statura spirituale e morale e le parole che lo Spirito gli suggerisce come profezia e compimento. Gli occhi di un vecchio destinato alla morte, vedono la luce e la vita. Era scritto nell’antica profezia di Israele: i  vecchi avranno sogni; e con la mia carne mortale vedrò il Redentore. Di Anna sappiamo qualcosa di più. Apparteneva alla famiglia di Aser. Il nome di uno dei figli di Giacobbe che in ebraico vuol dire “beato”. L’antica tribù occupò i territori della Galilea alta, oggi ai confini con il Libano. Ci vengono in aiuto nella interpretazione alcune letture rabbiniche. Come una discente di Aser riconobbe Mosè il liberatore, così questa stessa discendente che “non muore”,  riconosce dopo secoli in Gesù il salvatore d’Israele. In effetti, le parole sul figlio di Maria e di Giuseppe che risuonano nel Tempio, luogo dei sacrifici, lo annunciano come segno di caduta, resurrezione, e contraddizione. E’ vero! Davanti alla luce divino umana di Gesù, cadono le nostre false immagini di Dio, gli idoli ingannatori che coltiviamo nel cuore. Lasciarsi illuminare da lui, mette in fuga ogni contraddizione che portiamo dentro. Il suo incontro sulle soglie dell’esistenza, ci rende figli della Resurrezione.

Davide Carbonaro 

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