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Sabato, 02 Maggio 2020 09:18

Porta aperta

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Che fare davanti ad una umanità dispersa e ferita? Da dove cominciare dopo aver incontrato il risorto, parlato con lui, mangiato con lui? Sono le domande che attraversano il cuore dei discepoli, ma anche le nostre  che siamo qui a camminare sui sentieri della storia, carichi delle fatiche e delle incertezze dei nostri giorni. La Quarta domenica di Pasqua ci presenta il Signore nei tratti tenerissimi e significativi del buon bel Pastore. E’ questo incontro sempre trasformante che, come per riflesso, rivela la vocazione originaria della Chiesa. Raccogliere l’umanità dispersa e ferita e lasciare che sia il Crocifisso Risorto a guidarla e a salvarla. Gesù vanta una discendenza di pastori, anche se poi lo conosciamo nei trent’anni di silenzio a Nazareth come il “figlio del carpentiere”, finito a fare il pescatore. Mestieri dalle porte aperte e dagli orizzonti infiniti. E’stato proprio lui a spalancarci la porta della divinità. “Io sono la Porta”. Lui è uscito dal seno del Padre e in quell’intimità fa ritorno, non da solo, ma con me e con te. Egli è il guardiano che chiama per nome, che ci riconosce come appartenenti a lui, carne della sua carne ed ossa delle sue ossa. Egli cammina avanti perché noi non potessimo rimanere indietro, impigliati nei sentieri della morte, smarriti dentro i gorghi del maligno. Il fatto che egli sia andato avanti, è garanzia che questa sosta del nostro esistere non è definitiva, ma c’è un oltre di cui conosciamo la direzione, la via, l’ingresso. Guarda avanti, non voltarti indietro, quello spazio è abitato dal “mercenario”, fatto di tutt’altra pasta rispetto al Pastore. Le pecore appartengono a chi dona la vita e la dona oltre misura, non a che si pone limitando loro esistenza e pretendendo di essere ascoltato. Quante volte ci lasciamo rubare la vita da chi non ci appartiene ed al quale non apparteniamo. Lo sguardo sul Pastore bello e buono, l’orecchio attento alla sua voce, fa la differenza sul dove e quando realizzare un incontro liberante. I suoi, sono recinti aperti, senza porta, perché è lui la porta, con le spalle al gregge e lo sguardo all’orizzonte. Perché è lui che apre strade, ha il fiuto della responsabilità. Solo Gesù è capace di dare e riprendere la vita, per questo egli ama tutti senza distinzioni e privilegi, senza un tornaconto personale. Il rischio di amare paralizzando la nostra libertà e quella degli altri, è sulla soglia del cuore. Abbiamo bisogno di camminare dietro il Pastore buono, per apprendere la sua capacità libera di amare senza lasciarsi possedere, mentre trae dal buon tesoro del cuore umano, dignità e bellezza.

Davide Carbonaro

Letto 1053 volte Ultima modifica il Sabato, 02 Maggio 2020 10:04