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Sabato, 12 Settembre 2020 07:06

Senza limiti

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C’è un limite al peccato del fratello? Sembra che la domanda posta da Pietro prenda questa direzione. Se da una parte, c’è un confine da porre  nei confronti del peccato, non c’è limite al perdono, risponde Gesù.  Mentre Pietro si perde nelle strettoie del calcolo giusto, secondo la prassi legale,  Gesù spinge oltre come sa fare lui, ed invita a perdersi non dentro il dovuto, ma nel donato con gratuità e senza misure. L’esperienza del limite personale e del fratello, va condotta dentro questa prospettiva, che la Comunità di Matteo sperimenta, mentre va costituendosi nel tempo della dispersione e della persecuzione. Quel settanta volte sette detto a Pietro e a noi, è il rilancio della rete di Gesù nei confronti di una umanità da ripescare. Da strappare a quel male che gorgoglia e attrae dentro di noi e fuori di noi. Cosa sentiamo quando un fratello pecca contro di noi? Il male che ferisce. E spesso questa ferita rimane perché alimentata dal male che già abita in noi. Posso perdonare, ma non dimenticare! Allora passiamo il tempo ad essere custodi di una memoria malata, condizionata dal male, appunto. Il perdono senza misura proposto da Gesù, aggrappato a quella compassione che fa sussultare le viscere, è medicina  che risana e apre strade nuove, orizzonti senza limiti. Qui la parola perdono posta sulle labbra di Gesù da Matteo, ha a che fare con la liberazione. Perdonare significa lasciare libero il fratello, scioglierlo dal male e legarlo solo al bene che è in lui e che è in noi. Il potere di legare e sciogliere offerto a Pietro e ai primi discepoli, va dentro questa prospettiva.  Il pescatore di Galilea, sapeva bene cosa significasse avere dei debiti per la sua piccola azienda sulle rive del lago. Conosceva quella pretesa: “paga quel che devi!” Mai nessuno, in quel contesto gli aveva parlato di compassione e di condono, materia rara se non rarefatta dalla pretesa e dal diritto. Il racconto di Gesù paradossale e sproporzionato, invita ad agire come opera il Padre suo che perdona l’imperdonabile. Sarai capace di perdonare se ti perdonerai, se scoprirai di essere oggetto del perdono di un Altro. Il primo servo della parabola, è incapace di percepire la compassione che gli è stata usata, perché sicuro di sé; capace di restituire un debito smisurato. Il motivo per cui facciamo fatica a perdonare non è solo dettato dalla durezza del cuore, ma dal fatto che, convinti di essere nel bene, possiamo cavarcela con le nostre forze.

Davide Carbonaro

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