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Mercoledì, 20 Settembre 2017 11:05

De Donatis: “Abbraccio che rigenera e sostegno a chi educa”

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convegno1Accanto ai giovani di Roma, in concreto, ripensando il modo di essere Chiesa. Tornando «alle sorgenti della Parola» e lasciandosi provocare «dalla carne degli uomini che è chiamata a servire». Con due sole vere priorità, porre «il Vangelo al cuore di ogni cammino cristiano» e riflettere sulle proprie “malattie spirituali”. Sono le indicazioni del vicario di Roma, Angelo De Donatis, nell’incontro con sacerdoti e diaconi permanenti che nella mattina di oggi, lunedì 18 settembre, ha avviato la giornata conclusiva del Convegno diocesano (in serata l’incontro con gli operatori pastorali) dedicato all’accompagnamento dei genitori nell’educazione degli adolescenti. Tracce di cammino, come lui stesso le definisce, per il nuovo anno pastorale, con un’immagine al centro. Quella di Eutico, il ragazzo citato negli Atti degli Apostoli, «preso da un sonno profondo» mentre Paolo parlava, «simbolo dei giovani della nostra città». Tradotto nell’orizzonte della pastorale: «La componente giovanile delle nostre comunità – osserva il vicario – si è lentamente spostata alla finestra e si è addormentata. Forse abbiamo parlato troppo di cose che poco avevano a che fare con la vita, ci è mancata l’empatia». Giovani spesso soli, smarriti, molti dei quali a rischio. «È spaventosa la situazione di devianza che vivono molti adolescenti – sottolinea De Donatis -, talvolta nell’assordante silenzio degli adulti e delle istituzioni, anche le nostre. Figli allo sbando, figli di nessuno». Eppure, assicura, «nel cuore di ognuno dei ragazzi di questa città c’è un desiderio profondo di Dio», espresso «in mille maniere diverse: voglia di raccontarsi, di sperimentare, di provare “la vertigine”; bisogno profondo di stare con gli altri, di superare l’isolamento, di trovare accoglienza e punti di riferimento tra gli adulti; rifiuto dei formalismi, delle relazioni non autentiche, degli spazi rigidi e non vitali». E «una nostalgia di Dio – afferma il presule – trapela persino in molti di coloro che dicono di non credere in nessun tipo di religione o di filosofia (quasi la metà dei nostri ragazzi)», «una presa di distanza da un certo modo di vivere la vita cristiana appreso nelle stanze del catechismo parrocchiale e che ora, a questi adolescenti, non dice più niente perché non c’entra quasi nulla con quello che vivono». La riflessione del vicario torna spesso sull’immagine di Eutico e sulla reazione di Paolo, che si gettò su di lui e lo abbracciò. «Il gesto di Paolo è esattamente quello che noi, comunità cristiana, siamo chiamati ad attualizzare: lasciare tutte le altre occupazioni, buttarci addosso a lui per abbracciarlo e ridonargli la vita dello Spirito». Sforzo rivolto verso i ragazzi ma anche verso i genitori, per i quali De Donatis propone di indicare l’approccio di «come essere padri e madri nella Scrittura e nella spiritualità cristiana». In ogni caso, sottolinea, «la priorità non va data alle “cose da fare”. Ciò che è più importante è maturare atteggiamenti nuovi e far partire dei processi». Impegnandosi a guarire dalle “malattie spirituali” di cui ha parlato Francesco. Da qui l’indicazione concreta del vicario per il prossimo anno pastorale: ogni comunità parrocchiale, ogni realtà ecclesiale, rifletta con franchezza su quale sia la “sua” malattia spirituale». De Donatis si sofferma su tre “malattie”. Innanzitutto lo stile nel vivere il proprio impegno. «La comunità non si costruisce sull’efficienza della sua macchina organizzativa, non si appiattisce su logiche mondane di vario tipo. Questa non è la Chiesa di Gesù». Per dirla con Francesco, «basta pelagianesimi!». In secondo luogo, la riscoperta del “piacere di essere popolo”, senza individualismi e affermazioni identitarie giocate “contro qualcuno”». E il vicario ricorda a questo proposito il simbolo del suo ministero episcopale, il melograno, «servizio alla comunione ecclesiale». Infine, la messa in guardia dal «pessimismo sterile» che diventa «una forma di ateismo pratico». Nella relazione di De Donatis – con l’invito ad «ascoltare il grido che sale dalle esistenze dei giovani» – anche alcune proposte raccolte attraverso la riflessione dei laboratori e altri contributi, sempre «con l’intento di avviare processi». A cominciare da quella, per niente scontata, di «incontrare» i giovani. «Non parliamo di loro, ma con loro. Allora ne riconosceremmo il volto bellissimo e fragile, spesso fragilissimo, perché deturpato in mille modi dalla solitudine, dalle dipendenze, dall’arroganza e dalla violenza di chi usa e abusa di loro». Da qui la necessità di rilanciare «una pastorale coraggiosa della presenza nel territorio e del dialogo», e il vicario indica alcune esperienze già in atto e altre in cantiere. «Serve un processo permanente di incontro e di ascolto» che coinvolga «tutta la comunità cristiana». Gli adolescenti, afferma il presule, «si trovano bene se vivono una trama di relazioni che li faccia sentire a casa; liberi, ma a casa». La conclusione della mattinata è all’insegna delle testimonianze e della preghiera. Due adolescenti, un catechista, un sacerdote offrono la propria esperienza prima che il vicario De Donatis, leggendo integralmente il testo, consegni idealmente a tutta la diocesi la “Preghiera degli educatori e dei genitori per i figli”. Una preghiera che sarà affidata a tutti gli educatori e i genitori per un rinnovato impegno accanto ai giovani.




18 settembre 2017
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