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Martedì, 14 Agosto 2018 07:59

Tracce di spiritualità leonardina nella memoria dell’Assunzione

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LeoLa Chiesa nel mistero dell’Assunzione di Maria o Dormitio come vuole la tradizione orientale, celebra e professa la sua sorte futura. Occorre avvicinarsi alle verità della fede con quella speciale affermazione dei Padri della Chiesa che è insita nel sentire del Popolo di Dio: Tutto ciò che è detto di Maria è detto della Chiesa e viceversa. Le fonti biografiche di San Giovanni Leonardi (1541-1609) fondatore dei Chierici Regolari della Madre di Dio, legano ad una speciale devozione mariana dell’Assunzione di Maria la sua prima infanzia. La pieve di Diecimo nella lucchesia, dove visse la fanciullezza e quella di Villa Basilica dove dimorò durante il tempo dell’adolescenza, sono tutt’oggi dedicate al mistero dell’Assunzione di Maria Vergine. Nel proemio delle Costituzioni del 1584 scritte di suo pugno affermando come: “Questa nostra compagnia debba essere intitolata della Gloriosa Vergine Maria”. Tuttavia la chiara attribuzione a Maria Assunta si riscontra nelle Costituzioni del 1601; così il Santo: “Quanto, poi, al voto di perseveranza e di obbedienza tutti insieme e in mano al Superiore lo rinnovino due volte nell’arco di un anno, cioè a Pasqua e all’Assunzione della Beata Vergine Maria”. Inoltre, facendo riferimento alle penitenze per la vigilia delle feste mariane il Leonardi afferma della Beata Vergine Maria: “Essere Patrona nostra”. Occorre arrivare alle Costituzioni del 1851 perché si abbia l’affermazione dell’uso ormai consolidato che: “Sulla porta di ciascun Collegio i Rettori curino che sia dipinta o scolpita un’immagine della Beata Maria Assunta Patrona nostra, come stemma ed insegna della nostra Congregazione, che dovunque sia uniforme, secondo la forma del sigillo delle lettere della nostra Congregazione”. A conferma di tale uso la testimonianza del primo biografo del Santo P. Giuseppe Bonafede (1605) il quale afferma: “Voleva che nelle chiese e case della Congregatione nissuna imagine più frequente si vedesse, che quella della Beatissima Vergine, come di Madre della Congregatione, e non solo in casa, nei luoghi pubblici, nei dormitori e nelle celle di ciascuno ma anco fuora alle mura, et alla porta di essa, la medesima imagine come insegna di chi era Patrona di quella casa, comandò che si ponesse; come pure si osserva: et esso subito che hebbe la Chiesa di Santa Maria Cortelandini: la prima cosa che facesse per adornarla, fu fare dipingere nella più alta parte della Chiesa, cioè nella Tribuna dell’altare maggiore l’imagine della Santissima Vergine Assunta in pittura bellissima e di valore: ma le lettere così private, come pubbliche, le patenti, le fedi e altre scritture testimoniali, o di altra sorte non con l’altro sigillo, o impronta volle che si segnassero, che con la imagine della Beata Vergine (Bonafede, c. 546r). Le odierne Costituzioni riportano nella forma e nella sostanza queste indicazioni risalenti allo spirito del Fondatore. Il celebre “voto” che il Santo fece per la guarigione di P. Cesare Franciotti è descritto dal Bonafede con le caratteristiche dei fioretti: “Il Padre Giovanni, che desiderava la sanità di quel suo figliuolo, ricorse alla sua Avvocata, e pregandola che glielo volesse restituire sano: li fece voto, se guariva di andare a visitare la santa casa di Loreto e condurvi anco il Padre Cesare; fatto questo pigliò esso medesimo nelle braccia una figura grande della Madonna Santissima di legname, che rappresentava, quando fu essa assunta in cielo e portatala al letto dell’infermo, con allegrezza e tenerezza disse, conoscete voi questa Signora? E soggiunse non temete: questa vi ha da guarire, e risanato che siate havete da andare a visitarla alla santa Casa di Loreto, e così li fece confermare il voto, che per lui haveva fatto” (Bonafede c. 548r). E’ ancora il Bonafede ad offrirci alcune indicazioni che il Leonardi dava ai suoi figli in preparazione della solennità della Vergine Assunta in cielo. Oltre gli “esercizi” e “le meditazioni particolari”, invitava i religiosi “ad alzare la mente alla Beata Vergine” con una espressione che raccoglie questo mistero di Maria: “Trahe me post te, o Mater Sancta”. L’espressione è una rivisitazione interpretativa del versetto del Cantico dei Cantici 1,3. Il testo biblico del Cantico almeno nell’interpretazione comune celebra l’amore cercato e mai raggiunto della sposa Israele per il suo Signore. Rispetto alla tradizione rabbinica che lo considerava “Il libro più santo”. Nella tradizione cristiana il testo fu spesso sconsigliato per la sua prorompente sensualità. Tuttavia era utilizzato per una lettura mistica, un dialogo d’amore tra Dio e l’anima. Una interpretazione mariana del Cantico è dovuta aRuperto di Deutz († 1130). Nel XVI secolo il libro biblico è riletto da Teresa D’Avila nei “Pensieri sull’amore di Dio” (1577), e nel “Cantico spirituale” di San Giovanni della Croce composto tra il 1578 ed il 1591. Nei suoi racconti di visioni, S. Maria Maddalena de Pazzi (†1607) si sofferma a meditare il testo di Lc 10,38-42 nel quale compaiono le due figure di Marta e Maria di Betania; un evidente riferimento al testo che, in quel tempo, veniva proclamato nella Solennità dell'Assunzione, evento al quale il monastero fiorentino di S. Frediano era dedicato (S. Maria degli Angeli). Anche il Leonardi dedicherà la nascente famiglia religiosa alla “Regina degli Angeli”: l’Assunta appunto. Così la santa mistica fiorentina invoca la sequela della Madre di Gesù: “O Maria, o Maria, o amorosa Maria. Sei assunta in cielo perché seguiamo le vestigia tua in terra. Quanto sei o Maria, gloriosa o gloriosa Maria! Maria è quella fonte segnata con quel sigillo immaculato del Verbo eterno, dove si dichiara vergine e madre, madre e vergine! Compiacimento della SS. Trinità. Va irrigando questo fonte tutto il cielo, fruttificando nella terra letificando gli Angeli e refrigerando le anime del purgatorio” (S. Maria Maddalena De’ Pazzi, Probatione (parte seconda), in ID., Opera omnia, a cura di G. Agresti, Firenze 1965 vol. VI, p. 201). La Spiritualità del Leonardi sarà intrisa da esperienza e lettura mistica di questi testimoni a lui contemporanei. L’eredità spirituale soprattutto nell’area domenicana di matrice savonaroliana segnerà gli anni della prima formazione lucchese del Leonardi: i colombini e i domenicani di San Romano. Sappiamo che la lettura del Cantico dei Cantici era proposta dal Savonarola ai suoi discepoli. Commentando il testo dell’Ascensione di Gesù al cielo (Lc 24,51) così esclama il Savonarola: “Oculi autem et corda sequebantur. O Virgo, ubi est cor tuum ? O Petre, etc. O amor, Christe, rapuisti cor meum, trahe me post te” (Savonarola, Sermoni sopra il principio della Cantica, a c. di Cantelli Berarducci S., A. Belardetti ed., Roma 1996, I, pp. 4-6). Sia San Giovanni Leonardi che San Filippo Neri furono segnati da questa “Theologia cordis”. Nella pala del terzo altare del transetto di sinistra della Basilica Lateranense a Roma, dedicato alla Dormitio della Beata Vergine Maria (XVII secolo), l’immagine dell’Assunta troneggia tra i Santi Domenico e Filippo Neri. Nelle mani di San Domenico rivolto con lo sguardo verso la Vergine un libro con la citazione del Cantico dei Cantici: “Trahe me post te”. Il Versetto biblico ebbe successo anche in ambito musicale soprattutto nell’Oratorio di San Filippo Neri. Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) musicò la Missa ed il mottetto. Lo stesso fece il musicista spagnolo Francisco Guerrero (1528 – 1599) con il mottetto della Missa Sancta et immaculata -Trahe me post te, virgo Maria. Queste note vogliono essere delle tracce per capire come la “devotione” del Leonardi all’Assunta si radica in una forte “teologia affettiva” dello sguardo e del cuore che animò la scuola domenicana tra il XV ed il XVI secolo. In tale prospettiva, così Il Leonardi si esprime in un dei sui sermoni: “Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti. […]. Quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine. Pertanto occorre accettare che fra la nostra visione e quella di Dio ci sia molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza. La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48), alle quali fanno eco quelle del salmista: Egli guarda la terra e la fa sussultare (Sal 103,32). (Giovanni Leonardi, Sermone c. 254).

Davide Carbonaro

 




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